martedì 9 settembre 2014

The King - Capitolo 9; paragrafo 1



THE KING

Aspetto ancora con ansia altri vostri commenti e prego di citare la fonte se mai vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune parti non sono tradotte letteralmente perché era impossibile trascrivere in italiano quello espresso in inglese, soprattutto modi di dire.


Questa è la copertina del mio libro


CAPITOLO IX
Paragrafo I

Era una brutta emicrania.
Quando iAm aprì la porta della camera di suo fratello, la sofferenza del povero bastardo impregnò l’aria, rendendo difficile respirare – e anche vedere.
“Trez?”
Il gemito in risposta non suonò bene, era una combinazione tra il verso di un animale ferito e il lamento dopo aver rimesso. iAm sollevò il polso nel fascio di luce dietro alle sue spalle e imprecò verso il Piaget. Ormai il figlio di puttana avrebbe dovuto essere in ripresa, il corpo riemerso dal buio in cui il mal di testa l’aveva inghiottito.
Non in questo caso.
“Vuoi qualcosa per lo stomaco?”
Borbottio, borbottio, gemito, borbottio?
“Okay, sono sicuro che ne abbiamo un po’.”
Borbottio, lamento, lamento. Brontolio, brontolio.
“Sì, anche quello. Vuoi dei biscotti Milano?”
Lamento.
“Capito”
iAm chiese la porta e scese le scale che lo portarono nella giuntura tra la galleria delle statue e il foyer del secondo piano. Al pari del resto della casa, tutto era silenzioso come una tomba, ma quando mise il primo piede sulla scalinata principlae, il suo naso da cuoco colse i sottili odori del Primo Pasto che veniva preparato nelle cucine.
Più si avvicinava al territorio dei doggen, più il suo stomaco brontolava. Logico. Dopo aver preparato il suo sugo alla bolognese, aveva controllato suo fratello e poi aveva trascorso ore in palastra.
Dove aveva visto molte più cose rispetto alla sala pesi.
L’ultima cosa con cui avrebbe mai pensato di fare i conti era provare a togliere di dosso da quella guerriera il Re. Era stato costretto a interrompere l’allenamento quando aveva sentito urlare qualcuno ed era andato a controllare – al che aveva trovato, beh, il re schiacciare la femmina.
Inutile dire che provava un nuovo rispetto per il vampiro cieco. C’erano davvero poche cose che iAm non era stato in grado di alzare nella sua vita adulta. Aveva cambiato una gomma come se stesse usando una chiave inglese. Era stato visto spostare pentole piene di salsa grandi come lavabiancheria per tutta la cucina e un’asciugatrice sentra troppo sforzi.
E poi aveva dovuto togliere quel furgone di dosso a suo fratello due anni prima.
Un altro esempio di come la vita amorosa di Trez fosse fuori controllo.
Ma giù al centro di addestramento con Wrath? Non c’era stato modo di spostare quello stronzo. Il re teneva la presa come un bulldog – e l’espressione sulla faccia. Nessuna emozione, né una smorfia né uno sforzo. E quel corpo – brutalmente forte.
iAm scosse la testa mentre attraversva il pavimento con l’albero di melo in fiore.
Provare a spostare Wrath era stato come spingere un macigno. Non si era osso per nulla.
Quel cane però c’è l’aveva fatta. Grazie a Dio.
Di solito iAm non amava gli animali in casa – e di sicuro non era un tipo da cani. Erano troppo grossi, troppo dipendenti, la perdita di pelo. Ma adesso rispettava quel golden retriver o qualcunque razza fosse …
Meow.
“Cazzo!”
Quando si parla del diavolo … Quando il gatto nero della regina si struscì tra le sue gambe, iAm fu costretto a imitare Micheal Jackson per evitare di schiacciarlo.
“Dannato, gatto!”
Il felino lo seguì in cucina, sempre attorcigliandosi alle caviglie – quasi sapesse che lui stava pensando alla bravura del cane e volesse determinare il suo territorio.
Solo che i gatti non potevano leggere la mente, naturalmente.
 Si fermò a guardare quella cosa. “Che diavolo vuoi?”
Non proprio una domanda, e a lui non importava dare al felino una possibilità di risposta.
Una zampa nera si sollevò …
Nell’istante successivo, il maledetto gatto gli saltò in braccio, girandosi sulla schiena … e facendo le fusa come una Ferrari.
“Vuoi scherzare,” borbottò “Non mi piaci. Dannazione.”
“Padrone, cosa posso fare per te?”
Quando Fritz, l’anziano doggen, sollevò il viso, iAm si prese un momento per riconnettersi con la sua isola felice. Che, sfortunatamente, somigliava molto a Saw – parti del corpo degli altri erano ovunque.
Era solo una fantasia indotta dallo stress. Ad esempio, ricordava che molto tempo primma, non si lamentava di tutto e tutti. Sul serio. Era vero.
Zampa, zampa, zampa. Sulla sua camicia.
“E che cazzo” Cedette e massaggiò il pancino nero. “E no, non ho bisogno di nulla.”
Le fusa si fecero così forti che dovete allungarsi verso il maggiordomo. “Cosa hai detto?”
“Che sarei felici di procurarvi qualunque cosa di cui avesse bisogni.”
“Sì. Lo so. Ma mi occuperò di mio fratello. Nessun altro. Sono stato chiaro?”
Ora il gatto stava strofinando la testa contro i suoi pettorali. Poi si allungò con impazienza.
Oh Dio, questa era brutta – specialmente quando il viso già cadente del maggiordomo si afflosciò fino alle ginocchia nodose.
“Ah merda Fritz …”
“E’ malato?”
iAm chiuse velocemente gli occhi quando riconobbe la voce femminile. Fantastico, Un’altra parte d’ascoltare.
“Sta bene” disse iAm senza guardare l’Eletta Selena.
Lasciandosi chi dava consigli non richiesti, e si diresse ala dispensa col gatto scroccone e …
Giusto. Come avrebbe trasferito tutto quel carico di razioni post emicrania dagli scaffali con le braccia impegnate da …
Qual’era il suo nome?
Bene. Sarebbe stato Maledetto Gatto, allora.
Abbassando lo sguardo verso quegli enormi occhi appagati, iAm strinse le labbra mentre accarezzava sotto il mento. Dietro un orecchio.
“Okay adesso basta così” Si mise a giocare con una zampa. “Ora ti metto a terra.”
Riprendendo il controllo, spostò il gatto dalla sua posizione supina e provò a metterlo a terra …
In quel modo l’animale riuscì ad aggrapparsi con gli artigli alle stoffa del suo maglione di lana e restò appeso davanti a lui come una cravatta,
“Vuoi scherzare.”
Ci furono altre fusa. Un solo battito di ciglia su queglio occhi luminescenti. Un’espressione di possesso che fece intuire ad iAm che quella interazione sarebbe stata come decideva il gatto – e nessun’altro.
“Forse posso essere d'aiuto?” chiese Selena dolcemente.
iAm borbottò un'imprecazione e fissò il gatto. Quindi toccava all'Eletta. Ma smettere di provare a togliergli il maglione? Maledetto Gatto ci era appiccicato sopra.
“Mi servono quei biscotti Milano là sopra.” L'Eletta si allungò e prese un sacchetto della Pepperidge Farm dal reparto stuzzichini. “E avrà bisogno di alcune di quelle tortilla.”
“Semplici o al gusto lime?”
“Semplici.” iAm rinunciò completamente e riprese a coccolare Maledetto - e subito il gatto si sdraiò come iAm fosse una poltrona o un divano della La-Z-Boy.
“Vorrà anche una di quelle torte della Entenmann. E gli porteremo anche tre coche ghiacciate, due bottiglie grandi di Poland Spring a temperatura ambiente e una pernice su un pero."”
Dopo uno dei suoi mal di testa, Trez desiderava idratazione, glucosio e caffeina. Aveva senso. Stare dodici ore senza cibo non era una buona cosa. E poi c'era tutto quel vomitare con cui aveva dovuto confrontarsi.
Cinque minuti dopo, lui, l'Eletta e Maledetto Gatto si diressero al terzo piano. E iAm riuscì almeno ad aiutare portando le lunghe bottiglie d'acqua sotto le ascelle. Fritz aveva anche fornito una di quelle borse con maniglie della Whole Foods per trasportare il resto.
Cristo, avrebbe preferito mille volte fare quel tragitto da solo.
“Gli piaci moltissimo,” commentò la femmina mentre salivano le scale.
“È mio fratello. Sarebbe meglio che lo facesse.”
“Oh, no - intendevo il gatto. Boo ti adora.”
“Il sentimento non è reciproco.”
iAm aveva voglia di sbattere in faccia alla femmina un "Ci penso io" quando arrivarono alla porta della camera da letto - ma Maledetto non aveva alcuna intenzione di andarsene da qualche altra parte.
E così l'Eletta Selena sarebbe finita direttamente nel letto di Trez.
Proprio la situazione di cui non avevano bisogno.
Grazie mille, gatto.
Quando la porta si spalancò, la luce penetrò all'interno e, come la fortuna aveva voluto, quella merda illuminò Trez mentre quella grossa, brutta prominenza si mostrava.
Qualcuno aveva percepito l'odore della femmina.
Oh, porca puttana.
E perché cazzo quello stronzo non poteva apparire al peggio? Suo fratello avrebbe dovuto somigliare a una schifosa carogna dopo quel che aveva passato durante il giorno.
“Dove li metto?” chiese l'Eletta a uno di loro o a entrambi.
“Sul ripiano,” mormorò iAm. Era il punto più lontano dal letto …
“Lasciaci soli,” esclamò con un grugnito il paziente.
Okay, grazie a Dio Trez si stava finalmente riprendendo. L'Eletta poteva riprendere le sue faccende e lui e suo fratello potevano tentare di nuovo la storia del pentimento...
iAm si rese conto che nessuno si muoveva. Eppure Trez era ancora sollevato e l'Eletta era immobile come un cervo dinanzi ai fari di un auto. E entrambi guardavano lui.
“Cosa c'è?” disse.
Quando infine comprese, iAm strinse gli occhi fissando il fratello. “Dici sul serio?’
“Lasciaci soli,” si limitò a ripetere il bastardo.
Maledetto Gatto smise di fare le fusa tra le sue braccia, come se l'animale avesse capito che nella stanza c'era una pessima atmosfera.
Ma la questione era che non potevi trattare con gli stupidi - e iAm si era stufato di tentare, era pronto a gettare la spugna.
Voltandosi verso l'Eletta, disse a bassa voce, “Stai attenta.”
Per concludere, portò Maledetto e il suo culo triste fuori da quella stanza.
Era senza dubbio la cosa migliore. Nei confronti del fratello si sentiva come si era sentito con Wrath, e non ne sarebbe venuto fuori niente di buono.
Avviandosi verso le scale, fece il percorso a ritroso. Di tanto in tanto, allungò la mano verso l'animale tra le sue braccia, accarezzandogli con gesti circolari il mento con la punta delle dita. Una volta tornato in cucina, che era gremita dal personale di turno, decise che era giunto il momento di riunirsi nuovamente alla sua ombra.
“Fritz.”
Il maggiordomo lasciò perdere all'istante le cruditè che stava preparando. “Sì, Padrone! Desidero essere di aiuto.”
“Prendi questo.” iAm si tolse il gatto di dosso, divincolando entrambi gli artigli anteriori dal maglione. “E fai tutto ciò che va fatto.”
Quando si voltò, sentì il bisogno di girarsi a guardare e assicurarsi che Maledetto stesse bene. Ma perché cazzo avrebbe dovuto farlo?
Doveva tornare da Sal e controllare il suo personale. Di solito andava al ristorante nel primo pomeriggio, ma niente era stato come "al solito", con quella merda di emicrania. Ogni volta che suo fratello ne aveva una, entrambi soffrivano di mal di testa. E ora col veloce recupero di Trez che senza alcun dubbio se la sarebbe spassata con quell'Eletta, era giunto il momento di tornare sui suoi passi.
Se solo fosse riuscito a evitare di uscire fuori di testa.
Gesù Cristo, Trez stava per scopare con quella femmina. E solo Dio sapeva dove quel gesto li avrebbe condotti tutti.
Appena raggiunse l'uscita, chiamò da sopra la sua spalla, “Fritz.”
Attraverso il baccano della preparazione del Primo Pasto, il doggen rispose, “Sì, Padrone?”
“Non ho mai visto del pesce qui. Perché?”
“Il Re non lo gradisce.”
“Permette di averlo in casa?”
“Oh, certamente, Padrone. Solo non al suo tavolo e di sicuro mai nel suo piatto.”
iAm fissò i pannelli della porta di fronte a lui. “Voglio che mi procuri del salmone fresco lo metti a bollire. Stasera.”
“Naturalmente. Non sarà pronto prima del Primo Pasto per lei –“
“Non per me. Io odio il pesce. È per Maledetto Gatto. Voglio che glielo serviate regolarmente.” Aprì la porta. “E dategli anche della verdura fresca. Cosa mangia?’
“Soltanto il meglio. Una dieta a base di cibo della Hill's Science.”
“Scopri cosa c'è in quelle scatolette - e voglio che tutto venga preparato a mano. Niente più ingredienti segreti per lui d'ora in avanti.”
L'approvazione sbocciò nella voce del vecchio doggen: “Sono certo che Padrone Boo apprezzerà il vostro interesse speciale.”
“Non mi interessa quella palla di pelo.”
Completamente irritato con se stesso e con chiunque altro sul pianeta, uscì a passo di marcia non solo dalla cucina, ma dalla magione. Bel tempismo. Il sole era già tramontato e la luce iniziava a spegnersi nel cielo.
Amava la notte e si prese un momento per fare un profondo respiro. La fredda aria invernale gli fece irrigidire le cavità nasali.
Se fosse stato un vero maschio, libero dalle catene di suo fratello e dalla prigionia imposta a Trez dai loro genitori, avrebbe scelto un'altra vita. Se ne sarebbe andato da qualche parte a ovest, lontano dalla terraferma e da chiunque altro.
Non che lui fosse un eremita per natura. Semplicemente non dava importanza a ciò che molti altri invece davano in abbondanza. Nella sua testa,  il mondo non aveva bisogno di un altro iPhone, o di una rete internet più veloce, oppure un'esclusiva sulla ventisettesima edizione di Real Housewives. Diavolo, a chi cazzo importava se un vicino aveva una casa/auto/barca/roulotte/tagliaerba più grande? Perché doveva infastidire se qualcuno aveva un orologio/anello/telefono/televisore/biglietto della lotteria migliore? Per non parlare delle scarpe sportive.
Sempre iper-modaiole. Spot di makeup, tragedie di star del cinema, acquirenti compulsivi sul canale televisivo per le vendite e stupidi automi umani che credevano ancora a ciò che i predicatori gli infilavano in gola.
E no, non erano solo gli umani a bersi tutta quella merda.
I vampiri erano ugualmente responsabili - indossavano solo la loro superiore mentalità schiavista su quei ratti senza coda.
Erano talmente tante le esaltazioni su chi erano davvero dettate da ciò che veniva inculcato loro di volere, di necessitare, di cercare, di acquisire.
D'altronde, non era riuscito a liberarsi della tragedia del fratello, per cui eccolo lì -
Quando il telefono cominciò a squillare nella tasca, allungò una mano e lo prese. Sapeva chi stava chiamando anche prima di guardare lo schermo, accettò la chiamata e mise il cellulare all'orecchio.
Quella piccola parte di lui in cui era divampata la vita morì ancora una volta nel centro del suo petto.
“Vostra Eccellenza,” salutò il Gran Sacerdote. “A cosa devo questo onore?”




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