THE KING
Aspetto ancora con ansia altri vostri commenti e
prego di citare la fonte se mai vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune parti non sono tradotte letteralmente perché
era impossibile trascrivere in italiano quello espresso in inglese, soprattutto
modi di dire.
Questa è la copertina
del mio libro
CAPITOLO
VIII
Paragrafo
unico
Più tardi quel mattino, un pugno si abbatté sul
volto di Wrath sul lato sinistro, e anche se un sibilo ne aveva sottolineato il
movimento nell’aria, non riuscì a rispondere prontamente. Le nocche lo
colpirono sulla mandibola, lo schianto risuonò nella sua testa, la testa scattò
all’indietro, il sangue uscì dalla bocca.
Era assolutamente fantastico.
Dopo una regale sessione da incubo con Saxton –
sette o dieci ore rubate alla sua vita e che nessuno gli avrebbe ridato – era,
poi, salito negli appartamenti privati che divideva con Beth. Aveva solo il
sesso in mente, l’unico sfogo che avrebbe salvato il pianeta dal suo pessimo
umore.
La sua compagna non era solo addormentata, era
addirittura in coma.
Era stato più o meno un’ora a guardare il soffitto
prima di andare a combattere con Payne e dirle di incontrarsi alla palestra nel
centro di addestramento.
Come diceva sempre Rhage, con il sesso o con il
combattimento potevi scaricare i problemi. Il sesso era fuori discussone e
quindi eccolo lì.
Controllando la potenza del colpo, prese lo slancio
e lo convogliò in un calcio che massacrò il fianco dell’avversaria,
sbilanciandola e facendola barcollare. Nonostante questo la sorella di V non
andò al tappeto. La sua caduta fu leggera come quella di un gatto e Wrath sapeva
che aveva qualcosa in serbo per lui.
Seguendo gli spostamenti d’aria, il profumo della
guerriera, e il rumore più forte provocato dai piedi nudi mentre si avvicinava,
sapeva che gli stava di fronte ed era accovacciata. Raccogliendo le forze,
spinse il peso del corpo sulle cosce e gli piaceva da morire il senso di
indurimento che si preparavano per difendere i suo centoventi chili di peso in
posizione eretta. Stringendo i gomiti contro i fianchi, aspettò che Payne gli
arrivasse a tiro e scagliò un pugno. Coi suoi riflessi e il dono della vista,
la femmina schivò l’attacco frontale abbassandosi e rialzandosi afferrandogli
poi la vita.
Payne non colpiva come una ragazzina, sia che lo
facesse con calci e pugni o con tutto il corpo. Somigliava più ad un SUV, anche
se le sue palle avrebbero preferito di meglio, gli si agganciò alla vita.
Con un’imprecazione, si spinse all’indietro con la
schiena e insù il culo verso i gomiti, da vero bastardo. Tuttavia non sarebbe
andato come voleva.
Quello si rivelò un problema.
Mentre cadeva, si ricordò delle tracce che il letto
aveva lasciato sul pavimento del loft – e la sua energia interna si attivò. Si
palesò una cruda aggressività, in un istante quello non era più un allenamento
o conservare le proprie abilità o semplicemente fare esercizio. L’istinto della
lotta si liberò tra lui e la sua compagna di allenamento.
Con un ringhio che rimbombò nella palestra, strinse
le braccia di Payne in una stretta punitiva e invertì le posizioni, se la tolse
di dosso e le sbatté la faccia contro i materassini.
Era una femmina massiccia, letale e con una massa
muscolare scolpita – ma non c’era partita con la sua massa o la sua taglia –
specialmente mentre le stava addosso a cavalcioni e le stringeva un braccio
intorno al collo. Con la gola di Payne stretta nell’ansa del suo gomito,
assicurò la presa della mano libero sul polso dell’altra e si spinse
all’indietro per effettuate un choke hold.
Lesser. Nemici
o morti tragiche che avevano cambiato il corso della sua vita … o di quella di
altri.
Distanza dalla sua compagna. Frustrazione sessuale.
Sospetto che Beth gli stesse nascondendo qualcosa.
Frustrazione cronica che si trasformava in un carico
di ansi che non lo lasciava mai.
Paura. Non accetta, sepolta in profondità, velenosa.
Odio verso se stesso.
Al posto del fondo scuro della sua cecità tutto
divenne bianco, la rabbia subentro quando non trovò più spazio dove estendersi.
E l’effetto fu di dargli un potere ancora più grande
di quello che i suoi muscoli e le sue ossa avevano già. Anche con le unghie di
Payne conficcate nel braccio e lei che lottava come se stesse per morire non
sentì nulla.
Voleva ucciderla. E stava per …
“Wrath!”
Al pari delle difese di Payne, chi stava urlando il
suo nome non gli interessava. Era concentrato sul suo intento di morte tutta la
percezione di ciò che stava accadendo persa a causa …
Arrivò qualcun altro e iniziò ad inveirgli contro
mentre gli urli intorno diventavano più forti.
Sotto di lui, Payne era sopraffatta, l’istinto di
combattere che lasciava il suo corpo, quella immobilità eterna era ciò che la
sua rabbia agognava. Ancora un po’ è sarebbe passata. Più pressione. Solo un
poco …
Un forte rumore continuo arrivò davanti al suo
volto. Continuo, senza fermarsi, come una grancassa, i tempi divisi alla perfezione.
L’unica cosa che cambiava era il rumore.
Si incrementava.
O forse stava perforando la sua furia.
Wrath aggrottò la fronte quando il frastuono continuò.
Alzando la testa, si fermò, corrugandola ancora di più per un lungo momento.
George.
I
Il suo amato, docile golden retriver era proprio di
fronte alla sua faccia, il suo abbaiare forte come i colpi di fucile, fermo a
pretendere che Wrath si fermasse e desistesse dal’impresa proprio in
quell’istante.
All’improvviso la realtà di ciò che stava facendo lo
investì.
Che cazzo gli stava succedendo?
Wrath mollò la presa, ma non ebbe la possibilità di
liberarsi. Qualcuno lo prese per le spalle e lo trascinò lontano.
Quando atterrò di schiena contro il tappeto sentì
conati e un pesante ansimare della sua avversaria insieme alle imprecazioni di
chiunque altro si trovasse con loro … assieme ad un lieve singhiozzare.
“A che cazzo stavi pensando?” Ora c’era davanti
qualcun altro al suo volto “L’hai quasi ammazzata”.
Portando le mani alla testa, un
gelido sudore che gli cospargeva il corpo. “Non lo so...” sentì dire alla sua
stessa voce. “Non avevo idea …”
“Credevi potesse respirare in quel modo?” Era la
dottoressa Jane. Naturalmente - si trovava alla clinica e doveva aver sentito
abbaiare oppure...
E iAm era con loro. Percepiva l'Ombra anche se come al
solito non parlava.
“Mi dispiace … Payne... scusami.”
Oddio, cosa aveva fatto?
Odiava la violenza contro le femmine. Il problema era
che, quando si allenava con Payne, non pensava alla sorella di V come a una di
loro. Era un avversario, niente di più, niente di meno - e aveva subìto lividi
e un paio di ossa rotte a dimostrare che quando era il suo turno, non mostrava
pietà né elargiva concessioni.
“Merda. Payne...” Wrath allungò una mano, annusando
tanto i resti della sua paura quanto l'odore di morte incombente. “Payne …”
“Sto bene,” disse la femmina con voce roca. “Sul
serio.”
La dottoressa Jane borbottò una sfilza di improperi.
“Questo riguarda lui e me,” ordinò Payne a sua
cognata. “Non è un tuo …”
Quando Payne ricominciò a tossire, Jane sbottò “Visto
che ti ha quasi strangolata, col cavolo che non è un mio problema!”
“Stava per lasciarmi andare …”
“E allora perché sei diventata cianotica?”
“Stavo …”
“Il braccio
gli sanguina sul tappetino. Vuoi dirmi che non sono state le tue unghie a
trafiggerlo?”
Payne prese
un respiro. “È un combattimento, non Go Fish!”
La dottoressa
Jane abbassò la voce. “Tuo fratello sa con esattezza fino a che punto si sta
spingendo questa storia?”
Quando Wrath
aggiunse le proprie imprecazioni alla catasta di parole che cominciavano per F,
Payne ringhiò, “Non dirai nulla di tutto questo a Vishous …”
“Dammi una
maledetta ragione sul perché non dovrei farlo e forse potrei pensarci.
Altrimenti, nessuno è in grado dirmi cosa posso o non posso dire al mio dannato
marito. Né tu né lui …”
Wrath era
sicuro che stesse guardando nella sua direzione.
“…e di certo
mai riguardo a un fottuto problema di sicurezza nei confronti di un
membro della sua famiglia!”
Il silenzio
che seguì era intriso da un'aggressività crescente. E poi Payne abbaiò “Quante
ossa hai sistemato al Re? Quanti punti di sutura gli hai dato? La scorsa
settimana credevi che gli avessi dislocato la spalla - e non ti sei sentita in
dovere di correre dalla sua shellan a riferirglielo. Vero? Vero?”
“Questa è
un'altra storia.”
“Perché sono
una femmina? Scusami - forse dovresti guardarmi negli occhi mentre applichi due
pesi e due misure, Doc?”
Cristo, era
come se l'umore di Wrath avesse infettato tutti loro. Inoltre era stato lui a
far cominciare tutto quello. Cazzo...
Massaggiandosi
il viso, le ascoltò andare avanti e indietro. “Lei ha ragione.”
Quella frase
bloccò entrambe.
“Non mi
sarei fermato.” Wrath si alzò in piedi. “Per cui parlerò con V e non ci
alleneremo mai più …”
“Non osare,”
sputò fuori la guerriera prima di ricominciare a tossire. Non appena si riprese,
gli si mise di fronte. “Non osare mancarmi di rispetto, cazzo - Vengo qui a
combattere con te per esercitare le mie abilità. Se ti avvantaggi delle mie
debolezze, è colpa mia, non tua.”
“Quindi tu
credi solo che fossi severo con te?” chiese cupamente.
“Naturalmente.
E non mi ero ancora arresa battendo le dita …”
“Hai pensato
solo per un secondo di comunicarmelo?”
Un fiotto di
paura caricò le cellule attorno alla femmina.
“Ed ecco
perché non lo faremo mai più.” Wrath si voltò verso la dottoressa Jane. “Ma
anche lei ha ragione. Non sono affari tuoi, quindi stanne fuori.”
“Col cavolo
che …”
“Non è una
richiesta, Jane. È un ordine. E andrò a parlare con V non appena mi sarò fatto
una doccia.”
“Siete
proprio un coglione, lo sapete questo? Vostra Altezza!”
“E un
assassino. Non dimenticarlo.”
Si diresse
verso l'uscita senza preoccuparsi di prendere la cavezza di George. Quando uscì
di traiettoria, il cane corresse il suo passo spingendolo affinché trovasse
l'uscita.
“Spogliatoio,”
grugnì quando entrarono nel corridoio.
George, che
aveva familiarità sia con la parola che col rituale post allenamento, lo aiutò
a scendere nella hall, le zampe che picchiavano sul pavimento liscio.
Grazie a Dio
il centro di addestramento era una città fantasma quel giorno. L'ultima cosa
che voleva era imbattersi in qualcuno.
Coi Fratelli
a riposo, l'immenso complesso sotterraneo era vuoto, dalla palestra alle sale
macchine, dal poligono alle classi, dalla piscina olimpionica all'ufficio che
fungeva per qualunque cosa - oltre che da sale operatorie e stanze di recupero
per la dottoressa Jane e per Manny.
Eppure Payne
era quasi diventata una paziente.
Merda.
Facendo
scorrere la mano lungo il muro, si fermò quando incontrò un accesso incassato.
“Mi aspetti qui?” chiese a George.
Dal
tintinnio del collare e il lieve tha bump, il cane decise di attendere
che terminasse la doccia, cosa piuttosto solita - non era un grande fan del
caldo e dell'umidità a causa del lungo pelo.
Entrando
dentro, Wrath si orientò bene. Grazie all'acustica e alle piastrelle, era
semplice muoversi basandosi sul suono - e l'abitudine. Inoltre, gli spazi in
cui aveva trascorso molto tempo in passato quando possedeva ancora quel poco di
vista gli consentivano muoversi più facilmente.
Cazzo. Se
quel cane non l'avesse fermato?
Wrath si
lasciò andare contro le pareti scivolose, lasciando ciondolare la testa. Gesù
Cristo.
Massaggiandosi
la faccia, il cervello gli giocava brutti scherzi riproponendogli immagini del
seguito che avrebbe potuto esserci.
Il gemito
che gli riempì la gola suonò come una sirena da nebbia. La sorella di suo
fratello. Una guerriera che rispettava. Rovinata.
Doveva tutto
a quel cane. Come al solito.
Togliendosi
di dosso la canotta sudata, la lasciò cadere sul pavimento mentre si toglieva i
pantaloncini di nylon. Aiutandosi nuovamente con la mano, camminò avanti e capì
di essere entrato nella doccia a causa del pavimento sdrucciolevole. Le
manopole dei rubinetti erano allineate su tre lati e lui si concentrò su di
esse, sentendo l'umido scarico circolare sotto i piedi nudi.
Scegliendone
uno a caso, aprì l'acqua preparandosi al getto freddo che lo colpì in faccia.
Dio, quella
sorgente di rabbia. Aveva un'intensità familiare - ma non voleva che si
ripresentasse nella sua vita. Quell'empio bruciore che l'aveva sostenuto in
tutti quegli anni da quando i suoi genitori erano morti a quando aveva
conosciuto e sposato Beth. Aveva davvero creduto che fosse scomparso.
“Cazzo,”
sputò tra i denti.
Chiudendo
gli occhi, mise le mani sul doccione e lasciò scorrere l'acqua lungo le
braccia. Il suo umore di merda gli faceva sentire come se all'interno della
testa vorticassero le pale di un elicottero - e mancavano solo altre due
rotazioni brevi affinché gliela staccassero dal corpo.
Dannazione...
Non ci aveva
mai pensato prima, ma la "follia" era un concetto ampiamente
ipotetico riguardo all'essere sano; un'offesa da sbattere in faccia a qualcuno
che non si rispettava; un descrittore applicato a un comportamento
inappropriato.
Fermo nella
doccia, realizzò che la vera follia non aveva nulla a che vedere con la
paranoia, o con un calo delle prestazioni, o una perdita di memoria per poi
distruggere una stanza d'albergo prima di svenire. Non era l'impazzire oppure
il rapinare una banca o lo sfogarsi su un oggetto inanimato.
Era
l'annullamento del mondo attorno a te, un addio alle sensazioni e alla
coscienza che era come la manipolazione di una videocamera - tutta la tua merda
interna veniva esaminata al microscopio e tutto il resto, la tua compagna, il
tuo lavoro, la tua comunità, la tua salute e il benessere, non solo non erano a
portata di mano... ma erano fuori dalla tua esistenza.
E la parte
più spaventosa? Questo nel mezzo in cui si sta con un piede nella realtà e
l'altro nel tuo personale purgatorio - e riesci a percepire il passato
scivolare via -
Dal nulla,
l'equilibrio di Wrath andò fuori controllo, l'intero mondo s'inclinò sul suo
asse al punto che non era sicuro se sarebbe caduto all'indietro oppure no.
Poi, però,
senti una lama affilata proprio sotto il suo mento, e capì che qualcuno gli
stava tirando i capelli.
“Da adesso
in avanti,” disse il sibilo all'orecchio, “Siamo a conoscenza di due cose. Ma
solo una di esse è un cambiamento rivoluzionario.”
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