lunedì 8 settembre 2014

The King - Capitolo 8



THE KING

Aspetto ancora con ansia altri vostri commenti e prego di citare la fonte se mai vorrete prendere in prestito questa traduzione.
La traduzione è amatoriale e senza scopo di lucro.
Alcune parti non sono tradotte letteralmente perché era impossibile trascrivere in italiano quello espresso in inglese, soprattutto modi di dire.


Questa è la copertina del mio libro


CAPITOLO VIII
Paragrafo unico

Più tardi quel mattino, un pugno si abbatté sul volto di Wrath sul lato sinistro, e anche se un sibilo ne aveva sottolineato il movimento nell’aria, non riuscì a rispondere prontamente. Le nocche lo colpirono sulla mandibola, lo schianto risuonò nella sua testa, la testa scattò all’indietro, il sangue uscì dalla bocca.
Era assolutamente fantastico.
Dopo una regale sessione da incubo con Saxton – sette o dieci ore rubate alla sua vita e che nessuno gli avrebbe ridato – era, poi, salito negli appartamenti privati che divideva con Beth. Aveva solo il sesso in mente, l’unico sfogo che avrebbe salvato il pianeta dal suo pessimo umore.
La sua compagna non era solo addormentata, era addirittura in coma.
Era stato più o meno un’ora a guardare il soffitto prima di andare a combattere con Payne e dirle di incontrarsi alla palestra nel centro di addestramento.
Come diceva sempre Rhage, con il sesso o con il combattimento potevi scaricare i problemi. Il sesso era fuori discussone e quindi eccolo lì.
Controllando la potenza del colpo, prese lo slancio e lo convogliò in un calcio che massacrò il fianco dell’avversaria, sbilanciandola e facendola barcollare. Nonostante questo la sorella di V non andò al tappeto. La sua caduta fu leggera come quella di un gatto e Wrath sapeva che aveva qualcosa in serbo per lui.
Seguendo gli spostamenti d’aria, il profumo della guerriera, e il rumore più forte provocato dai piedi nudi mentre si avvicinava, sapeva che gli stava di fronte ed era accovacciata. Raccogliendo le forze, spinse il peso del corpo sulle cosce e gli piaceva da morire il senso di indurimento che si preparavano per difendere i suo centoventi chili di peso in posizione eretta. Stringendo i gomiti contro i fianchi, aspettò che Payne gli arrivasse a tiro e scagliò un pugno. Coi suoi riflessi e il dono della vista, la femmina schivò l’attacco frontale abbassandosi e rialzandosi afferrandogli poi la vita.
Payne non colpiva come una ragazzina, sia che lo facesse con calci e pugni o con tutto il corpo. Somigliava più ad un SUV, anche se le sue palle avrebbero preferito di meglio, gli si agganciò alla vita.
Con un’imprecazione, si spinse all’indietro con la schiena e insù il culo verso i gomiti, da vero bastardo. Tuttavia non sarebbe andato come voleva.
Quello si rivelò un problema.
Mentre cadeva, si ricordò delle tracce che il letto aveva lasciato sul pavimento del loft – e la sua energia interna si attivò. Si palesò una cruda aggressività, in un istante quello non era più un allenamento o conservare le proprie abilità o semplicemente fare esercizio. L’istinto della lotta si liberò tra lui e la sua compagna di allenamento.
Con un ringhio che rimbombò nella palestra, strinse le braccia di Payne in una stretta punitiva e invertì le posizioni, se la tolse di dosso e le sbatté la faccia contro i materassini.
Era una femmina massiccia, letale e con una massa muscolare scolpita – ma non c’era partita con la sua massa o la sua taglia – specialmente mentre le stava addosso a cavalcioni e le stringeva un braccio intorno al collo. Con la gola di Payne stretta nell’ansa del suo gomito, assicurò la presa della mano libero sul polso dell’altra e si spinse all’indietro per effettuate un choke hold.
Lesser. Nemici o morti tragiche che avevano cambiato il corso della sua vita … o di quella di altri.
Distanza dalla sua compagna. Frustrazione sessuale. Sospetto che Beth gli stesse nascondendo qualcosa.
Frustrazione cronica che si trasformava in un carico di ansi che non lo lasciava mai. 
Paura. Non accetta, sepolta in profondità, velenosa.
Odio verso se stesso.
Al posto del fondo scuro della sua cecità tutto divenne bianco, la rabbia subentro quando non trovò più spazio dove estendersi.
E l’effetto fu di dargli un potere ancora più grande di quello che i suoi muscoli e le sue ossa avevano già. Anche con le unghie di Payne conficcate nel braccio e lei che lottava come se stesse per morire non sentì nulla.
Voleva ucciderla. E stava per …
“Wrath!”
Al pari delle difese di Payne, chi stava urlando il suo nome non gli interessava. Era concentrato sul suo intento di morte tutta la percezione di ciò che stava accadendo persa a causa …
Arrivò qualcun altro e iniziò ad inveirgli contro mentre gli urli intorno diventavano più forti.
Sotto di lui, Payne era sopraffatta, l’istinto di combattere che lasciava il suo corpo, quella immobilità eterna era ciò che la sua rabbia agognava. Ancora un po’ è sarebbe passata. Più pressione. Solo un poco …
Un forte rumore continuo arrivò davanti al suo volto. Continuo, senza fermarsi, come una grancassa, i tempi divisi alla perfezione. L’unica cosa che cambiava era il rumore.
Si incrementava.
O forse stava perforando la sua furia.
Wrath aggrottò la fronte quando il frastuono continuò. Alzando la testa, si fermò, corrugandola ancora di più per un lungo momento.
George.
I
Il suo amato, docile golden retriver era proprio di fronte alla sua faccia, il suo abbaiare forte come i colpi di fucile, fermo a pretendere che Wrath si fermasse e desistesse dal’impresa proprio in quell’istante.
All’improvviso la realtà di ciò che stava facendo lo investì.
Che cazzo gli stava succedendo?
Wrath mollò la presa, ma non ebbe la possibilità di liberarsi. Qualcuno lo prese per le spalle e lo trascinò lontano.
Quando atterrò di schiena contro il tappeto sentì conati e un pesante ansimare della sua avversaria insieme alle imprecazioni di chiunque altro si trovasse con loro … assieme ad un lieve singhiozzare.
“A che cazzo stavi pensando?” Ora c’era davanti qualcun altro al suo volto “L’hai quasi ammazzata”.
Portando le mani alla testa, un gelido sudore che gli cospargeva il corpo. “Non lo so...” sentì dire alla sua stessa voce. “Non avevo idea …”
“Credevi potesse respirare in quel modo?” Era la dottoressa Jane. Naturalmente - si trovava alla clinica e doveva aver sentito abbaiare oppure...

E iAm era con loro. Percepiva l'Ombra anche se come al solito non parlava.

“Mi dispiace … Payne... scusami.”

Oddio, cosa aveva fatto?

Odiava la violenza contro le femmine. Il problema era che, quando si allenava con Payne, non pensava alla sorella di V come a una di loro. Era un avversario, niente di più, niente di meno - e aveva subìto lividi e un paio di ossa rotte a dimostrare che quando era il suo turno, non mostrava pietà né elargiva concessioni.

“Merda. Payne...” Wrath allungò una mano, annusando tanto i resti della sua paura quanto l'odore di morte incombente. “Payne …”

“Sto bene,” disse la femmina con voce roca. “Sul serio.”

La dottoressa Jane borbottò una sfilza di improperi.

“Questo riguarda lui e me,” ordinò Payne a sua cognata. “Non è un tuo …”
Quando Payne ricominciò a tossire, Jane sbottò “Visto che ti ha quasi strangolata, col cavolo che non è un mio problema!”

“Stava per lasciarmi andare …”

“E allora perché sei diventata cianotica?”

“Stavo …”
“Il braccio gli sanguina sul tappetino. Vuoi dirmi che non sono state le tue unghie a trafiggerlo?”
Payne prese un respiro. “È un combattimento, non Go Fish!”
La dottoressa Jane abbassò la voce. “Tuo fratello sa con esattezza fino a che punto si sta spingendo questa storia?”
Quando Wrath aggiunse le proprie imprecazioni alla catasta di parole che cominciavano per F, Payne ringhiò, “Non dirai nulla di tutto questo a Vishous …”
“Dammi una maledetta ragione sul perché non dovrei farlo e forse potrei pensarci. Altrimenti, nessuno è in grado dirmi cosa posso o non posso dire al mio dannato marito. Né tu né lui …”
Wrath era sicuro che stesse guardando nella sua direzione.
“…e di certo mai riguardo a un fottuto problema di sicurezza nei confronti di un membro della sua famiglia!”
Il silenzio che seguì era intriso da un'aggressività crescente. E poi Payne abbaiò “Quante ossa hai sistemato al Re? Quanti punti di sutura gli hai dato? La scorsa settimana credevi che gli avessi dislocato la spalla - e non ti sei sentita in dovere di correre dalla sua shellan a riferirglielo. Vero? Vero?”
“Questa è un'altra storia.”
“Perché sono una femmina? Scusami - forse dovresti guardarmi negli occhi mentre applichi due pesi e due misure, Doc?”
Cristo, era come se l'umore di Wrath avesse infettato tutti loro. Inoltre era stato lui a far cominciare tutto quello. Cazzo...
Massaggiandosi il viso, le ascoltò andare avanti e indietro. “Lei ha ragione.”
Quella frase bloccò entrambe.
“Non mi sarei fermato.” Wrath si alzò in piedi. “Per cui parlerò con V e non ci alleneremo mai più …”
“Non osare,” sputò fuori la guerriera prima di ricominciare a tossire. Non appena si riprese, gli si mise di fronte. “Non osare mancarmi di rispetto, cazzo - Vengo qui a combattere con te per esercitare le mie abilità. Se ti avvantaggi delle mie debolezze, è colpa mia, non tua.”
“Quindi tu credi solo che fossi severo con te?” chiese cupamente.
“Naturalmente. E non mi ero ancora arresa battendo le dita …”
“Hai pensato solo per un secondo di comunicarmelo?”
Un fiotto di paura caricò le cellule attorno alla femmina.
“Ed ecco perché non lo faremo mai più.” Wrath si voltò verso la dottoressa Jane. “Ma anche lei ha ragione. Non sono affari tuoi, quindi stanne fuori.”
“Col cavolo che …”
“Non è una richiesta, Jane. È un ordine. E andrò a parlare con V non appena mi sarò fatto una doccia.”
“Siete proprio un coglione, lo sapete questo? Vostra Altezza!”
“E un assassino. Non dimenticarlo.”
Si diresse verso l'uscita senza preoccuparsi di prendere la cavezza di George. Quando uscì di traiettoria, il cane corresse il suo passo spingendolo affinché trovasse l'uscita.
“Spogliatoio,” grugnì quando entrarono nel corridoio.
George, che aveva familiarità sia con la parola che col rituale post allenamento, lo aiutò a scendere nella hall, le zampe che picchiavano sul pavimento liscio.
Grazie a Dio il centro di addestramento era una città fantasma quel giorno. L'ultima cosa che voleva era imbattersi in qualcuno.
Coi Fratelli a riposo, l'immenso complesso sotterraneo era vuoto, dalla palestra alle sale macchine, dal poligono alle classi, dalla piscina olimpionica all'ufficio che fungeva per qualunque cosa - oltre che da sale operatorie e stanze di recupero per la dottoressa Jane e per Manny.
Eppure Payne era quasi diventata una paziente.
Merda.
Facendo scorrere la mano lungo il muro, si fermò quando incontrò un accesso incassato. “Mi aspetti qui?” chiese a George.
Dal tintinnio del collare e il lieve tha bump, il cane decise di attendere che terminasse la doccia, cosa piuttosto solita - non era un grande fan del caldo e dell'umidità a causa del lungo pelo.
Entrando dentro, Wrath si orientò bene. Grazie all'acustica e alle piastrelle, era semplice muoversi basandosi sul suono - e l'abitudine. Inoltre, gli spazi in cui aveva trascorso molto tempo in passato quando possedeva ancora quel poco di vista gli consentivano muoversi più facilmente.
Cazzo. Se quel cane non l'avesse fermato?
Wrath si lasciò andare contro le pareti scivolose, lasciando ciondolare la testa. Gesù Cristo.
Massaggiandosi la faccia, il cervello gli giocava brutti scherzi riproponendogli immagini del seguito che avrebbe potuto esserci.
Il gemito che gli riempì la gola suonò come una sirena da nebbia. La sorella di suo fratello. Una guerriera che rispettava. Rovinata.
Doveva tutto a quel cane. Come al solito.
Togliendosi di dosso la canotta sudata, la lasciò cadere sul pavimento mentre si toglieva i pantaloncini di nylon. Aiutandosi nuovamente con la mano, camminò avanti e capì di essere entrato nella doccia a causa del pavimento sdrucciolevole. Le manopole dei rubinetti erano allineate su tre lati e lui si concentrò su di esse, sentendo l'umido scarico circolare sotto i piedi nudi.
Scegliendone uno a caso, aprì l'acqua preparandosi al getto freddo che lo colpì in faccia.
Dio, quella sorgente di rabbia. Aveva un'intensità familiare - ma non voleva che si ripresentasse nella sua vita. Quell'empio bruciore che l'aveva sostenuto in tutti quegli anni da quando i suoi genitori erano morti a quando aveva conosciuto e sposato Beth. Aveva davvero creduto che fosse scomparso.
“Cazzo,” sputò tra i denti.
Chiudendo gli occhi, mise le mani sul doccione e lasciò scorrere l'acqua lungo le braccia. Il suo umore di merda gli faceva sentire come se all'interno della testa vorticassero le pale di un elicottero - e mancavano solo altre due rotazioni brevi affinché gliela staccassero dal corpo.
Dannazione...
Non ci aveva mai pensato prima, ma la "follia" era un concetto ampiamente ipotetico riguardo all'essere sano; un'offesa da sbattere in faccia a qualcuno che non si rispettava; un descrittore applicato a un comportamento inappropriato.
Fermo nella doccia, realizzò che la vera follia non aveva nulla a che vedere con la paranoia, o con un calo delle prestazioni, o una perdita di memoria per poi distruggere una stanza d'albergo prima di svenire. Non era l'impazzire oppure il rapinare una banca o lo sfogarsi su un oggetto inanimato.
Era l'annullamento del mondo attorno a te, un addio alle sensazioni e alla coscienza che era come la manipolazione di una videocamera - tutta la tua merda interna veniva esaminata al microscopio e tutto il resto, la tua compagna, il tuo lavoro, la tua comunità, la tua salute e il benessere, non solo non erano a portata di mano... ma erano fuori dalla tua esistenza.
E la parte più spaventosa? Questo nel mezzo in cui si sta con un piede nella realtà e l'altro nel tuo personale purgatorio - e riesci a percepire il passato scivolare via -
Dal nulla, l'equilibrio di Wrath andò fuori controllo, l'intero mondo s'inclinò sul suo asse al punto che non era sicuro se sarebbe caduto all'indietro oppure no.
Poi, però, senti una lama affilata proprio sotto il suo mento, e capì che qualcuno gli stava tirando i capelli.
“Da adesso in avanti,” disse il sibilo all'orecchio, “Siamo a conoscenza di due cose. Ma solo una di esse è un cambiamento rivoluzionario.”






Nessun commento:

Posta un commento